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Implantologia a carico immediato

Carico immediato moderno – innovazione e tendenza del mercato

L’aumento globale dei problemi di edentulismo totale o parziale collegato all’aumento dell’età media nei paesi più sviluppati e non solo, come certificato dall’Organizzazione Mondiale della Sanità, mentre da un lato denota il fallimento almeno parziale delle metodiche preventive dall’altro porta ad un aumento della richiesta di sostituzione totale della dentatura compromessa. Tutto ciò si unisce, almeno nel mondo occidentale, a richieste di trattamenti pur invasivi ma rapidi e indolori.

Il più famoso trattamento di questo tipo è stato sviluppato dal Prof. Paulo Malo in collaborazione con la Nobel Biocare e prende il nome (registrato) di

All-on-4®. Il trattamento in termini di risultato finale è analogo a uno dei trattamenti più innovativi della storia dell’implantologia osseointegrata, il cosiddetto “Toronto Bridge”, che prende il nome dalla conferenza di Toronto del 1982 in cui il concetto del ponte fisso sostenuto da impianti osteointegrati ideato dal Prof. Per-Ingvar Brånemark dell’Universita di Göteborg per risolvere il problema dell’edentulismo mandibolare, osteggiato per anni dai colleghi di Brånemark stesso, fu introdotto finalmente con enorme successo al mondo accademico nordamericano dal Prof. Zarb dell’Università di Toronto. Ovviamente il trattamento moderno offre tutta una serie di vantaggi in termini di tempi, materiali e applicabilità della tecnica.

Esistono naturalmente anche trattamenti simili o del tutto analoghi su piattaforme implantari proposte da altri produttori che hanno copiato la tecnica originale proposta da Paulo Malo. In Italia una realtà importante è costituita dal produttore Sweden&Martina, che, pur non appartenendo alle tre case principali di impianti dentali, è in forte espansione per la qualità dei suoi prodotti e forte dello slancio del suo fatturato anche verso mercati esteri.

Un protocollo simile a quello dell’All-on-4® è quello proposto dal team del Prof. Pera con il Columbus Bridge Protocol, con innovazione soprattutto per quanto riguarda i materiali protesici. Il Columbus Bridge Protocol, così come l”All-on-4® sono protocolli con un’ampia documentazione scientifica alle spalle. Tutto questo dovrebbe portare ad una maggiore sicurezza per i pazienti.

 
Schema con impianti inclinati nell’arcata mandibolare (inferiore) per evitare i forami mentali e ottenere in ogni caso un considerevole stabilità primaria per il carico immediato.

Le soluzioni più moderne rispetto al Toronto Bridge originale prevedono un trattamento abbastanza simile tra le due arcate. Gli impianti, se necessario, si inseriscono non paralleli tra loro ma con una inclinazione di circa 30° allo scopo di evitare i forami mentali nell’arcata inferiore e i seni mascellari nell’arcata superiore: l’obiettivo è ottenere una buona stabilità primaria degli impianti (necessaria anche per il carico immediato) anche in assenza di struttura idonea nelle zone posteriori evitando trattamenti più complessi con innesti di osso. Il posizionamento disparallelo/inclinato prevede necessariamente una componentistica del sistema implantare che permetta successivamente la protesizzazione degli impianti disparalleli. Infatti per gli impianti inclinati è prevista un protesizzazione con doppio moncone, un primo inclinato rispetto all’asse lungo dell’impianto (generalmente di 17°, 30° o addirittura 40-45°) ed un secondo in asse con l’emergenza del primo.

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GLI IMPIANTI DENTALI – COSA SONO? A COSA SERVONO?

L’impianto dentale (noto anche come impianto endosseo) è un dispositivo medico di tipo chirurgico utilizzato per riabilitare funzionalmente ed esteticamente la perdita o la mancanza congenita di uno o più denti, permettendo il sostegno di un sostituto protesico tramite il supporto diretto dell’osso grazie a un processo biologico noto come osteointegrazione; può essere inserito sia nella mandibola che nella mascella.

L’elemento di impianto viene inserito immediatamente, in modo che l’osteointegrazione avvenga più facilmente, mentre solo dopo viene aggiunta la protesi dentale visibile; è quindi necessaria una quantità variabile di tempo per arrivare a una corretta osteointegrazione. Il tipo più comunemente utilizzato è formato da una o più sezioni, di forma usualmente variabile tra cilindrica e tronco conica, ed è fornito spesso nella sua parte endossea di spire o altri elementi di ritenzione accessori. Può essere utilizzato per il supporto di corone protesiche singole e ponti, fino ad arcate complete. Il materiale più frequentemente utilizzato è il titanio nella sua forma pura, in quanto permette una migliore osteointegrazione, andando a formare un intimo legame con l’osso. Modelli semplificati e di dimensioni ridotte (chiamati perciò mini impianti o miniviti) vengono inoltre utilizzati per fornire stabilità a protesi mobili e in ortodonzia per fornire punti di appoggio temporanei di ancoraggio necessari ai movimenti dentali.

Il successo o il fallimento degli impianti dipende sia dallo stato di salute della persona che lo riceve, dagli eventuali farmaci assunti e che hanno un possibile impatto con l’osteointegrazione e la condizione dei tessuti della bocca. Lo stress meccanico a cui l’impianto andrebbe incontro durante la sua vita deve essere attentamente valutato. La corretta pianificazione della posizione e del numero degli impianti è fondamentale per la salvaguardia a lungo termine della protesi, in quanto le forze biomeccaniche che agiscono durante la masticazione possono essere significative. La posizione degli impianti è determinata dalla posizione e dall’angolo dei denti adiacenti, da simulazioni di laboratorio o mediante l’utilizzo della tomografia computerizzata (spesso tramite apparecchiature CBCT) con simulazioni CAD/CAM e guide chirurgiche.

I prerequisiti per il successo a lungo termine degli impianti dentali osteointegrati sono l’avere osso e gengiva sani. Dal momento che entrambi possono atrofizzarsi dopo una procedura di estrazione dentaria, a volte si rende necessario ricorrere a innesti gengivali o rialzi di seno mascellare al fine di ricreare condizioni ideali di osso e gengiva. La protesi finale può essere fissa o rimovibile; in ogni caso un moncone è collegato all’elemento di impianto. Quando la protesi è fissa viene fissata al pilastro o con una vite prigioniera o con cemento dentale, mentre quando è invece rimovibile un corrispondente adattatore viene inserito nella protesi in modo che i due pezzi possono essere fissati insieme.

I rischi e le complicanze legate alla terapia implantare si dividono tra quelle che si verificano durante l’intervento chirurgico (come un eccessivo sanguinamento o la lesione del nervo), quelle che si verificano nei primi sei mesi (come l’infezione e la mancata osteointegrazione) e quelle che si verificano a lungo termine (come la perimplantite e rotture meccaniche). In presenza di tessuti sani, un impianto ben integrato con opportuni carichi biomeccanici può avere un tasso di successo a lungo termine tra il 93% e il 98% per il fissaggio e una durata da dieci a quindici anni per i denti protesici.

LA TAC CONE BEAM

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